Libri e opere ne l'Ulisse
La Divina Commedia
Le analogie tra la Divina Commedia e l' Ulisse sono numerose. Joyce considerava il capolavoro di Dante come uno dei libri più belli mai scritti: «Amo Dante quasi quanto la Bibbia. È il mio cibo spirituale, il resto è riempitivo.»
Si può organizzare la materia narrativa dell’Ulisse in 3 parti come le tre cantiche dantesche:
- L’Inferno della Telemachia espone la paralisi dell’Irlanda e l’erranza dell’artista. La banalità del peccato si dispiega in tutte le vie della città, mentre la natura proteiforme, “l’ineluttabile modalità del visibile”, fuorvia i sensi ed offre soltanto illusioni.
- L’Odissea vede Leopold Bloom attraversare il Purgatorio della vita quotidiana. I dispiaceri e le sofferenze hanno i loro corrispettivi nei piaceri semplici e sensuali dell’esistenza.
- Il ritorno ad Itaca può fungere da Paradiso, poiché l’artista esce poco a poco dalla sua letargia e sembra destarsi ad una vita trasfigurata.
Dante e Stephen si equivalgono, smarriti l’uno in una foresta oscura, l’altro nell’incubo della storia e nel labirinto della città. Virgilio guida del poeta nell’ inferno e nel purgatorio, può essere assimilato a Bloom. Quanto a Beatrice, dobbiamo riferirci ancora a Bloom piuttosto che a Molly. Non c’è in effetti una parte femminile in lui, che prende il sopravvento in alcuni passaggi di Circe? Joyce accettava l'analogia sottolineata da Otto Weininger (in Sesso e carattere) tra le donne e gli ebrei. Beatrice si incarica di condurre Dante alla Santa Vergine Maria, immersa nella contemplazione della fonte eterna di qualsiasi parola. Lo stesso fa Bloom conducendo Stephen da Molly. I “cerchi concentrici di gradazioni mutevoli di luce e d’ombra” sul soffitto della sua camera, visti da Bloom in Itaca, evocano quelli della Santa Trinità che irradiano sopra la Rosa mistica dove dimora Maria nella visione dantesca.
L’ Odissea
L’ Odissea di Omero fornisce ovviamente lo schema de l' Ulisse poiché ogni capitolo si ispira ad un episodio delle avventure dell’eroe greco, e il ritorno al focolare domestico segna anche la fine del viaggio di Leopold Bloom. Tuttavia gli episodi non si dispongono nell’ordine del racconto di Omero. Solo la divisione in 3 parti è rispettata, cioè: Telemachia le avventure di Ulisse, il ritorno ad Itaca.
Si vede di solito nel parallelo tra il mondo greco ed il mondo moderno una critica di quest’ultimo, incapace di creare i propri miti, e nel quale la morale utilitarista borghese ha definitivamente cancellato l’eroismo e gli ideali dell’antichità. Tuttavia tale lettura, che resta però pertinente, trascura la vera contiguità tra le due Odissee, quella del re di Itaca e quella del piazzista pubblicitario. Molti lettori trasferiscono in Bloom una versione degenerata dell’eroe greco, senza capire che somiglia su molti punti al pacifico e astuto Ulisse. Quest’ultimo, lontano dal condividere il bellicismo vendicatore dei suoi compatrioti Agamennone, Achille etc., non desiderava affatto partire per Troia e lasciare sua moglie ed i suoi figli. Una volta la città nemica caduta, grazie a suo stratagemma sottile, che riesce dove la forza bruta era fallita, pensò soltanto a tornare a casa. Nelle traversie patite, conservò sempre lo stesso atteggiamento, un miscuglio di bontà, di lucidità e di prudenza. Leopold Bloom appare dunque a pieno titolo come una specie di reincarnazio- ne (la famosa metempsicosi) del re di Itaca, con le sue qualità di cuore e di spirito. Come lui, è incline al codice “religioso” dei suoi compatrioti: nazionalismo, spirito di clan, brutalità, intolleranza, entusiasmo istintivo, vanità, sensualità, ecc.
L’elemento liquido avvicina le due opere, anche se la sua presenza è più discreta in quella di Joyce che in quella di Omero, ma non è meno essenziale, se non anche, forse, più simbolicamente pregnante. L’eroe dell’Odissea naviga sui reali abissi marini del Mediterraneo, mentre l’eroe di Ulisse naviga su quelli della lingua, che è l’elemento principale di questo romanzo e del seguente, Finnegans Wake. L’oceano è presentato come il “vecchio padre”, il mare come la “nostra madre grande e tenera”; quanto al fiume che attraversa Dublino ed alla nuvola che risale la sua corrente, non è impossibile associarli a Bloom l’uno e Stephen l’altra, o al flusso della parola ed all’astrazione del senso (quest’analogia fonda il simbolismo di Finnegans Wake); l’uno e l’altra essendo i figli della madre mare e del padre oceano. Il flusso della parola, che scorre con il Liffey nelle scene del romanzo, circola anche attraverso i corpi con le bevande e l’urina, essendo i corpi del romanzo sia parlanti ( emettenti un flusso), sia parlati (scritti nel flusso del testo).
«Voglio dire - dice Haines a Stephen mentre camminano - che questa torre e queste scogliere mi ricordano in qualche modo Elsinoor, che si erge a strapiombo sul mare, no?» In questo frangente, non è uno spettro ma la lattaia che viene incontro a Stephen, come Atena apparve a Telemaco per avviarlo alla ricerca del padre. Il dublinese malinconico, in ribellione contro il suo ambiente, “Japhet alla ricerca di un padre”, vestito di nero per lutto, somiglia molto al principe Amleto. Come lui, cerca di comunicare con il padre e disprezza la carne, il peccato e le donne. La sua sterilità artistica ed il risentimento che ne deriva, sono simile all’incapacità di Amleto di prendere una decisione. Uno e l’altro errano come ombre e monologano su argomenti esistenziali. Stephen Dedalus, nell’esposizione della sua tesi su Amleto, ricorda che:
- in primo luogo, Shakespeare, quando metteva in scena l'Amleto, recitava la parte dello spettro del padre;
- Amleto impersonificava suo figlio Hamnet morto ad 11 anni.
Si può dunque dedurre che la consustanzialità del Padre e del Figlio
è quella tra il padre della tragedia, cioè il suo creatore, Shakespeare, ed il proprio figlio/personaggio, Amleto. Se ora si traspone questa problematica a Ulisse, si deve dire che la consustanzialità padre/figlio è relativa al creatore, cioè Joyce, e ai suoi personaggi, cioè Stephen e Bloom. In conseguenza, la relazione Bloom/Stephen non è una relazione padre/figlio come ripete la critica, ma una relazione fraterna corpo/spirito. Quanto alla paternità, che è certamente un tema ricorrente del romanzo, definisce in realtà il legame di Joyce con i suoi personaggi e non quello di Bloom con Stephen. Joyce è il padre, Bloom il figlio, Stephen lo spirito. Il padre che cerca e trova infine Stephen non è Bloom (insisto!), bensì Joyce. Ma Stephen è la personificazione di Joyce giovane. Dunque Stephen, accettando il corpo tramite l’intermediazione di quello di Bloom, trova suo padre... in sé stesso, e Joyce, facendo del suo testo “la sostanza della sua ombra”, trova suo figlio... in sé stesso. Il corpo è, in tutta questa teologia, il corpo del testo, la scrittura in cui sono intessuti i personaggi. Quale interesse ho io lettore, che sono una creatura di carne e di sangue e non di scrittura, di seguire le avventure iniziatiche di Stephen che è soltanto scrittura? Forse solo comprendo che io stesso sono la creatura scritta da un Creatore che, in qualche modo, non è altra cosa da me stesso...
Faust
Ulisse può leggersi come l'inveramento del Faust di Goethe. Se si fa il parallelo tra le crisi di Stephen Dedalus e del dott. Faust, si constata la stessa impotenza ad accedere al livello superiore di conoscenza o d’arte. Il medico tedesco fa appello al demone Mefistofele per possedere infine la conoscenza che gli sfugge, al prezzo dell'anima. La morte tragica della fidanzata lo porta a capire che la sola verità superiore è l’amore e che, per l’uomo, il motore delle aspirazioni elevate è l’Eterno Femminino, ideale di bellezza, di bontà e di purezza. Questo racconto patetico vede il trionfo dell’idealismo disincarnato e di una visione romantica della Donna. Il personaggio che introduce Stephen ad un’altra sensibilità - ciò che fece Mefistofele con Faust - è ovviamente Leopold Bloom, senza alcuna enfasi tragica o infernale. Quanto all’Eterno Femminino idealizzato dal romanticismo tedesco, cade dal suo piedestallo nel monologo di Molly Bloom: se in Ritratto dell’artista da giovane, la donna, tramite la giovane donna scorta da Stephen, era finalmente promessa di bellezza e d’ispirazione, appare ora come la causa principale della stupidità maschile, la pesantezza stessa, che impedisce ogni elevazione. Comparabile al globo terrestre, mantiene per attrazione gli uomini sulla terra, al servizio della specie e della sua riproduzione. Superficiali ed intercambiabili come gli spermatozoi che cercano di penetrare l’ovulo, gli uomini si fanno carico delle leggi, della politica, della religione o della guerra, in breve delle condizioni esterne della sopravvivenza della specie alla quale le donne si dedicano invece completamente. Quindi dietro il codice gnomico dei suoi compatrioti (cristiani, neo-pagani, nazionalistici... ccontano poco le etichette), Stephen sembra intravedere il culto senza età della Dea Madre, vero Eterno Femminino, greve, pieno, oscuro e muto. Tuttavia Stephen abbandona gradualmente il suo atteggiamento di rifiuto della carne, così vicino al puritanesimo protestante tedesco di cui il romanticismo è l’erede. Lui che avrebbe voluto essere uno puro spirito, entra in comunione con un uomo ordinario fatto di carne e di sangue, e comprende la dignità e la ricchezza sensuale del proprio corpo. Questa scoperta di una fonte d’ispirazione nelle sensazioni e nelle emozioni carnali, nella musicalità della parola, nella polifonia primitiva degli affetti e degli istinti, lo avvicina alla donna, lo risveglia a questa femminilità a-significante, di cui la relazione sensuale madre/figlio è il luogo originario. Questa nuova ricchezza agisce sull’artista come la grazia del regalo delle lingue, portatrice di una promessa di ricchezza creatrice inesauribile, capace di trasfigurare la realtà materiale, ossia simbolicamente la donna, pur sfuggendo alla sua attrazione castratrice. Così Molly Bloom, Dea Madre calma e accattivante, diventa, con il passaggio in essa della parola dell’artista che la scrive dall’interno, simile alla Vergine Maria e chiamata come lei all’assunzione dal Verbo di suo figlio/padre. Comunque sia, questa transustanzialità della parola nella carne, come la consustanzialità della lingua e delle sensazioni nel monologo interiore, pertiene alla sostanza e non alle idee, alla carne e al sangue e non all’illuminazione medianica o all’estasi romantica. Qui, il diavolo, “lo spirito che sempre nega”, trova un garante ed un complice nella donna, “la carne che sempre dice sì”, poiché il sì alla carne e il no allo spirito vanno di pari passo.
La scienza nova
Quest’opera del filosofo Giambattista Vico (1668-1744) suggerisce a Joyce la struttura di Finnegans Wake, ma quale influenza ha esercitato sulla composizione di Ulisse? La Scienza nova presenta la storia come un processo ciclico che ripete la successione perpetua di 3 età: l’età religiosa, l’età eroica e l’età umana. Dopo il Diluvio - il ritiro delle acque comportando continue piogge -, i figli di Noé, Sem, Cam e Japhet, si chiudono nelle caverne per sfuggire alla rabbia dei Cieli che essi attribuiscono a divinità terribili: è l’età degli dei (o teocratica). Quando le condizioni meteorologiche si alleviano, dopo alcuni secoli, i più coraggiosi scendono nelle valli a fondare città e praticare l’agricoltura, che utilizza i più deboli come manodopera: è l’età degli eroi (o aristocratica). Infine i progressi della civilizzazione spingono gli sfruttati a richiedere uguali diritti: è l’età degli uomini (o democratica). Segue il ricorso, un breve periodo di catastrofi (inondazione, anarchia o invasioni barbariche) e tutto ricomincia, i cicli collegandosi all’interno di cicli storici più ampi.
Le 3 parti di Ulisse si prestano relativamente bene all’analogia con questo schema:
- Telemachia corrisponderebbe all’età degli déi; Stephen pensa al Padreterno, Mulligan alla Madre nostra Natura, la sterilità dell’uno, la fatuità dell’altra, la superstizione dei devoti e la paralisi dell’Irlanda riflettono l’atteggiamento pauroso ed impotente degli uomini della prima età.
- L' Odissea bloomiana corrispondereb-be all’età degli eroi; il borghese lascia il suo focolare per esplorare la città; in Bloom, si riconosce un costruttore, un massone, un uomo libero, un legislatore, un profeta, ecc..
- Il ritorno ad Itaca corrisponderebbe infine all’età degli uomini; qui, il borghese e l’artista si scoprono fratelli, uno rispetto all’altro ma anche con il resto dell’umanità.
- Il ricorso infine, che annuncia la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo, è il monologo di Molly, associato da Joyce alla rotazione della globo terrestre, delle stagioni, delle lune, delle generazioni, dei giorni e delle notti. Il 16 giugno 1904 si conclude, il 17 comincia... Secondo Vico, il tuono sarebbe stato interpretato dai primi uomini come la voce di Dio ed essi avrebbero appreso a parlare tentando di imitare questo rumore terribile. Inoltre il grido del neonato della signora Purefoy, nell’episodio dei Buoi del sole, è accompagnato dal tuono, e segna la nascita di una lingua nuova di cui episodio fu la gestazione.
Tracce evidenti di altre opere si rinvengono in quest'opera così densa di simboli e di rimandi testuali: Il don Giovanni di Mozart-Da Ponte, Il Sigfrido, Così parlò Zarathustra di F. Nietzsche, Le Confessioni di Agostino d'Ippona, l'Esodo, come anche di racconti e leggende iniziatiche.
Michel Chassaing
(trad. it. di A.S.)
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L'incontro Joyce - Proust
La prima persona che mi ha raccontato dell'unico e mitologico incontro tra Marcel Proust e James Joyce è stata Nélida Gardell, la mia professoressa di francese alla Escuela de letras dell'università di Tucumàn. Nélida ci descrisse il dialogo tra i due più grandi scrittori del Novecento come un susseguirsi di gesti goffi e sprezzanti, il volo di due uccelli maestosi condannati a non capirsi.
Secondo la sua versione, erano stati entrambi invitati a una cena all'hotel Ritz di place Vendôme, a Parigi, dal barone Edmond de Rothschild, disposto a pagare una fortuna pur di sentire i due geni esibirsi nelle loro acrobazie verbali.
"E cosa si dissero?", chiedemmo tutti allora. La professoressa Gardell rispose in tono enigmatico: "Proust chiese a Joyce se gli piacevano i tartufi che gli erano stati serviti. Joyce rispose seccamente di no".
Questa scena patetica della letteratura universale mi ha perseguitato per anni come un fantasma tenace e, per quanto l'abbia cercata nelle eccellenti e numerose biografie dei due scrittori, le versioni di quell'episodio mi sono sembrate sempre insoddisfacenti.
Jean-Yves Tadié, che nel 1996 ha pubblicato una monumentale biografia di Proust, forse la migliore in circolazione, liquida l'incontro in meno di una pagina, sottolineando il fatto che i due geni non simpatizzarono. Quando Proust offrì a Joyce di accompagnarlo con un taxi fu ringraziato con un paio di gesti molto scortesi: Joyce si mise a fumare senza alcun ritegno e aprì completamente il finestrino, pur sapendo che il suo collega asmatico non tollerava né il fumo né le correnti d'aria.
Richard Ellman, il grande biografo di Joyce, dà maggiori dettagli. Registra almeno quattro versioni del dialogo tra i due scrittori, compresa quella dei tartufi, e racconta che in seguito Joyce si pentì di aver sprecato quell'opportunità: "Mi sarebbe piaciuto incontrare Proust altrove, da soli, per poter parlare con calma. Anche se non saprei dire di cosa".
Mi ero rassegnato a non scoprire più nulla sull'argomento fino a quando, poche settimane fa, ho letto un bellissimo libro di 360 pagine che racconta la storia nei minimi particolari. S'intitola Proust at the Majestic (Proust all'hotel Majestic) ed è stato scritto dall'inglese Richard Davenport-Hines, autore tra le altre cose di una storia molto documentata dei narcotici e di una biografia del poeta W.H. Auden.
All'inizio del secolo scorso l'hotel Majestic di Parigi non era come adesso. Quando Proust e Joyce si conobbero, poco dopo la mezzanotte del 18 maggio del 1922, era un posto alla moda. Le sue sale sontuose erano frequentate da tutte le persone importanti che vivevano in città o erano di passaggio. Ognuna delle 450 camere dava sull'avenue Kléber, vicino all'Arco di trionfo. Tutte avevano il loro bagno, un lusso davvero eccentrico per quei tempi, soprattutto a Parigi.
Contrariamente a quanto credeva la professoressa Gardell, quindi, l'incontro non avvenne al Ritz e non fu merito del barone de Rothschild, ma di Violet e Sydney Schiff. Lei era poco più di una ruffiana, lui uno scrittore giustamente dimenticato dalla storia, con un'irrefrenabile passione per il pettegolezzo. Due perfetti personaggi proustiani. Diedero una cena per festeggiare la prima di Renard, il balletto comico di Igor Stravinskij che quella stessa sera i Ballets Russes di Sergej Djagilev avevano messo in scena all'Opéra di Parigi.
Ma a quella famosa serata al Majestic non presero parte solo Stravinskij e Djagilev; c'erano anche il direttore d'orchestra Ernest Ansermet e Pablo Picasso, che si presentò con una fascia rossa intorno alla testa. Mancava solo Victoria Ocampo per completare il quadro. Ma lo scopo principale degli Schiff, come ammisero in seguito, era far incontrare Proust e Joyce nella stessa gabbia dorata per vedere cosa sarebbe successo e poi raccontarlo ai quattro venti.
Ma la serata fu così insignificante che non servì neanche da argomento di conversazione nei salotti di quella settimana. Ecco perché la storia è circolata come un mito fino a quando Davenport-Hines l'ha restituita alla realtà. Non si sa cosa mangiarono, probabilmente le portate tipiche di una cena al Majestic: antipasto di caviale, fagiano e asparagi, e gelato ai frutti tropicali. Si sa per certo che Djagilev, Stravinskij e Ansermet, affaticati dallo stress di quella lunga giornata, se ne andarono poco dopo la mezzanotte.
Picasso rimase a bere fino a crollare sul tavolo. Joyce beveva in silenzio il suo champagne e ruttava rumorosamente. Al suo arrivo si era scusato di non essere vestito secondo l'etichetta. "Non ho soldi per queste sciocchezze", aveva spiegato. L'unico argomento di conversazione che gli interessava era il suo romanzo Ulisse, pubblicato tre mesi prima e ormai sulla bocca di tutti, soprattutto di quelli che lo leggevano senza capirlo.
I camerieri cominciarono a sparecchiare all'una di notte. Joyce - racconta il critico Clive Bell, che sentì la storia da Sydney Schiff - restò seduto, senza dire niente, con una mano sul mento e l'altra occupata da una coppa di champagne. Alle due di mattina era completamente ubriaco e di tanto in tanto sbuffava rumorosamente.
Quindici o venti minuti più tardi, gli Schiff videro entrare un ometto furtivo avvolto da una pelliccia, che si muoveva, secondo Clive Bell, come un topo. Da lontano sembrava viscido e appiccicoso. Era l'autore di Alla ricerca del tempo perduto. Aveva già finito di scrivere il suo grande romanzo, ma stava ancora correggendo e aggiungendo frasi. Allora era molto più famoso di Joyce, e le sue lunghe frasi incatenate da una musica inimitabile erano ripetute nei salotti con devozione religiosa.
Anche se Joyce non ebbe l'impressione che il suo collega fosse un uomo malato (anzi, disse: "Si lamenta, ma è più sano di me"), le droghe che Proust si iniettava o beveva con una frequenza assassina lo stavano uccidendo. Esattamente sei mesi dopo l'incontro al Majestic, una setticemia fulminante lo avrebbe stroncato. Nonostante lo scetticismo di Joyce, Proust stava già lottando contro la morte.
Davenport-Hines racconta che i due erano seduti uno accanto all'altro. Ci sono sei versioni della loro conversazione, tra cui quella dei tartufi, tutte accomunate dall'incomprensione. Anni dopo, Joyce raccontò che l'unica parola memorabile di quell'incontro fu un monosillabo: no. "Proust mi chiese se conoscevo un certo duca. Gli risposi: `No'. Madame Schiff volle sapere se Proust aveva letto un capitolo dell'Ulisse. Lui rispose: `No'. La situazione era insopportabile".
In seguito, nei suoi anni di gloria, Joyce avrebbe ripagato l'indifferenza di Proust verso la sua opera con un velenoso sarcasmo. Sul suo diario c'è un appunto significativo: "Quando i lettori arrivano alla fine delle sue frasi, Proust sta ancora scrivendo".
Poi in una lettera alla sua editrice Sylvia Beach, proprietaria della famosa libreria Shakespeare & Co, racconta con un gioco di parole difficile da tradurre: "Ho appena letto A la recherche des ombrelles perdues da alcune Jeunes filles en feurs du coté de chez Swann con Gomorhée et Cie, scritto da Marcella Proyst e James Joust". I due grandi uomini non si videro più. Erano uccelli dal piumaggio così diverso che potevano solo ferirsi a vicenda.
Tomàs Eloy Martinez da “Internazionale” Nov. 2006
James Joyce Ulisse (Riassunto)
I personaggi
Il Telemaco del libro è Stephen Dedalus, che abbiamo conosciuto in Ritratto dell’artista da giovane: è in gran parte lo stesso James Joyce prima del suo esilio fuori d’Irlanda. Educato nella religione cattolica, Stephen si è ribellato contro il bigottismo dei suoi compatrioti e l’ordine sociale in generale; rifiuta di servire ogni ideologia e irride al cosiddetto “Rinascimento gaelico” che agita l’ambiente artistico dublinese. Alla fine del romanzo precedente partiva per Parigi con progetti letterari.
Quando Ulisse comincia, circa 6 mesi più tardi, troviamo Stephen a Dublino dove è stato chiamato da un telegramma al capezzale della madre morente. Si è installato con il suo amico Buck Mulligan nella Torre Martello di Sandycove, dove ospitano poco dopo un certo Haines. Ma i due amici non si somigliano, Stephen si vede accusato di conservare «una maledetta essenza di gesuita». È un giovane disilluso, in preda al dubbio, un artista cosciente della sua sterilità. Il suo insopprimibile orgoglio lo spinge a disprezzare la materia ed affermare la libertà assoluta dello spirito.
Ulisse moderno è Leopold Bloom, ebreo d’origine ungherese convertito al protestantesimo quindi al cattolicesimo, figlio di Rudolph Virag che ha cambiato il suo nome in Bloom dopo il suo arrivo in Irlanda. Leopold è un piazzista pubblicitario. Sua moglie Molly (diminutivo di Marion) è la figlia del Maggiore Brian Tweedy e di un’ebrea di Gibilterra; è nata l’8 settembre come la Santa Vergine Maria, e fa la cantante girovaga. Insieme hanno avuto una figlia, Millicent, che ha ora 15 anni, e un figlio, Rudy, che è morto ad 11 giorni.
Bloom è un uomo semplice, piccolo borghese discreto, buono e tollerante: l’uomo medio sensuale. È anche uno scettico, cosciente della sua solitudine, saldo nelle sue idee, fiducioso, crede nonostante tutto nell’amore del prossimo. I dieci anni che Ulisse-Bloom trascorse fuori di casa, li passò senza rapporti sessuali completi con la moglie. Questa invece, a differenza di Penelope, colleziona amanti, l’ultimo della serie è il suo impresario Blazes Boylan.
La vicenda si svolge giovedì 16 giugno 1904, dalle 8.00 del mattino alle 3.00 della notte. Il giovedì è giorno di Giove il cui simbolo è il tuono, che Joyce associa ad un appello divino. In effetti Joyce ha soggiornato nella Torre Martello nel settembre del 1904, cosa che induce a interrogarsi sul significato del 16 giugno, sapendo che egli ha abbordato la sua futura compagna, Nora Barnacle, il 10 giugno dello stesso anno.
Quanto alle quinte della vicenda, esse sono le strade e gli edifici di Dublino, dalle quali si uscirà soltanto nelle fantasticherie e nei sogni dei personaggi. La coppia Bloom abita al 7 di Eccles Street, dove in realtà abitava un amico di Joyce.
I primi 3 capitoli costituiscono la Telemachia, i 12 seguenti le peregrinazioni di Ulisse, i 3 ultimi il ritorno ad Itaca. Ad ogni capitolo, ma non sempre, sono associati un organo, un’arte, un colore ed una tecnica letteraria. Il monologo finale di Molly è più un allegato che un vero e proprio capitolo: è associato alla carne, che viene, in un certo qual modo, a riempire quell’organismo finora costituito dai capitoli su Bloom.
Telemaco
Luogo: Torre Martello a Sandycove
Ora: 8.00
Organo:
Scienza o Arte: Teologia
Colore: Bianco, oro
Simbolo: Erede
Tecnica: Narrazione
Il libro comincia con un’invocazione a Dio, parodia dell’invocazione alle Muse del prologo dell’ Odissea e della messa cattolica dove si incarna il Creatore. Stephen e Buck Mulligan (Antinoo) fanno colazione con il loro ospite Haines (Eurimaco), un inglese ammiratore del folclore irlandese; egli ha svegliato Stephen la notte precedente urlando nel sonno, perché ha sognato una pantera nera ( simbolo di Cristo).
La discussione verte attorno alla morte della madre di Stephen: quest’ultimo ha rifiutato di soddisfare la sua ultima volontà: di pregare al suo capezzale. Tale comportamento colpisce Mulligan, che si considera tuttavia libero pensatore. Citando Nietzsche, sogna di ellenizzare l’Irlanda e saluta il mare come la nostra grande Madre comune. Stephen, che ha abbandonato il cristianesimo non certo per regredire nel paganesimo, vede in ciò soltanto un concentrato dell’idolatria irlandese. Il suo gesto riguardo alla madre lo ossessiona, ed il fantasma di questa viene a tormentarlo; la sua coscienza che conosce il rimorso della colpevolezza (“Agenbite of Inwit”), rifiuta tuttavia ogni rimorso, in nome di una libertà di cui trova paradossalmente gli echi nella teologia e liturgia della Chiesa cattolica.
Una vecchia (Atena) viene a portare del latte ai giovani, che indi scendono in spiaggia dove Mulligan decide di bagnarsi. Richiede in seguito a Stephen la chiave della Torre per stendervi la sua camicia . Quest’ultimo, che ha deciso di non ritornarvi più, la consegna mormorando: « Usurpatore ».
(Secondo alcuni critici che hanno provato a decrittare la complessa simbologia dell’Ulisse, se la Vecchia è l’Irlanda, Stephen è il figlio spodestato, Mulligan l’ Usurpatore, Haines il padrone inglese.)
Nestore
Luogo: Scuola del sig. Deasy
Ora: 10.00
Organo:
Scienza o Arte: Storia
Colore: marrone
Simbolo: Cavallo
Tecnica: Catechismo
Stephen lavora a scuola del sig. Deasy (Nestore) dove insegna a figli di famiglie agiate mentre lui non ha un soldo. La lezione di storia lo ha indotto a riflettere, con l’aiuto di Aristotele, su tutti gli eventi in potenza che non si sono realizzati. «La volpe che seppellisce la nonna sotto un cespuglio di caprifoglio » del suo indovinello è la chiesa che occulta le sue fonti pagane, oppure Stephen che respinge il corpo materno da cui è tuttavia nato.
Stephen prova compassione per il ritardato Sargent (Pisistrato), il suo peggiore allievo: gli ricorda la sua infanzia e l’amore materno, «La sola cosa vera in questo mondo».
Si reca dal direttore, il sig. Deasy, per il quale ha un certo rispetto. La discussione verte sulla politica e le malattie bovine, e Deasy spera di poter pubblicare un articolo su quest’argomento. Esterna il suo antisemitismo e la sua misoginia a uno Stephen poco propenso alle “grandi parole”, che opina tuttavia: «La storia è un incubo da cui provo a svegliarmi».
Proteo
Luogo: Spiaggia di Sandymount
Ora: 11.00
Organo:
Scienza o Arte: Filologia
Colore: Verde
Simbolo: Marea
Tecnica: Monologo interiore (maschile)
Stephen si incammina sulla spiaggia di Sandymount ed i suoi pensieri errano attorno a lui, materia e spirito sono in mutamento perpetuo. I ricordi di Parigi e le meditazioni filosofiche sulla realtà del mondo si mischiano alle sensazioni multiple del momento ed al rumore delle onde. Pensa alla consustanzialità del Padre eterno e del suo io, «tenebre che luccicano nella luce».
Attraverso le metafore del giovane, un cane, che accompagna una coppia sulla spiaggia, si trasforma in lepre, cervo, orso, lupo e vitello (Proteo), simile al suo spirito proteiforme (secondo la teoria tomista).
In questa solitudine, si lascia invadere da una dolce voluttà interiore, che sembra fondersi con la totalità (Pan). Prima di partire, urina (David Hayman avanza l’ipotesi che in effetti si masturba), e pensa ad un annegato strappato poco prima da alcuni uomini alle braccia « dell’antico Padre Oceano». Il tre-alberi che vede passare girandosi, può rappresentare la Trinità, che incombe silenziosamente su questo mondo eracliteo.
(Secondo Umberto Eco, questo capitolo «rivela il passaggio da un universo ordinato ad un universo fluido», una transizione tra il pensiero tomista di Stephen ed il monologo interiore di Bloom.)
Calypso
Luogo: Casa di Bloom al 7 di Eccles Street
Ora: 8.00
Organo: Reni
Scienza o Arte: Economia
colore: Arancione
Simbolo: Ninfa
Tecnica: Narrazione
La giornata di Bloom comincia con la colazione. La prima parola pronunciata da Molly è “Mn”: no . Bloom esce all’acquisto di un rognone presso il macellaio all’angolo, dove legge un opuscolo su piantagioni in Palestina; ma non se ne sente attratto, considerando la Terra Santa, madre del popolo ebreo, come una terra sterile.
Di ritorno a casa, porta la colazione alla moglie, come pure una lettera di Blazes Boylan. Molly nel suo letto, evoca la ninfa del quadro appeso alla parete (Calypso). Le estremità femminili che attirano lo sguardo di Bloom si troveranno in tutto il libro, echi del paradiso perduto o simboli della caduta dell’uomo. Le spiega il senso della parola “metempsicosi” quindi torna in cucina dove il rognone frigge. Legge una lettera di sua figlia Milly.
Prima di uscire, si libera gli intestini leggendo nel giornale, seduto sulla tazza del water, una mediocre novella.
Lotofagi
Luogo: Vie di Dublino e bagni pubblici
Ora: 10.00
Organo: Organi genitali
Scienza o Arte: Botanica, chimica
Colore:
Simbolo: Eucaristia
Tecnica: Narcisismo
Bloom si dirige verso l’ufficio postale dove ritira la posta di Henry Fleury, pseudonimo sotto il quale ha una corrispondenza con una certa Martha (Fleury, Bloom e Virag significano “fiore”). Nelle vie di Dublino fiuta profumi evocatori di languori orientali. Incrocia lo scocciatore M’ Coy quindi va in Chiesa ad ascoltare messa, ed assisterà alla comunione, momento di serenità, di perdono e di oblio (l’ostia è qui il loto dei Lotofagi). Molte religioni orientali gli vengono in mente, le quali presentano la felicità come una castrazione.
Dopo avere comperato un sapone ed incontrato Bantam Lyons, entra in uno stabilimento di bagni pubblici dove si abbandona con dolce voluttà narcisista a contemplare il proprio corpo ed il proprio membro (decide dunque di tenere in tutta evidenza il proprio pene nonostante le promesse di nirvana della castrazione).
Ade
Luogo: Cimitero di Glasnevin
Ora: 11.00
Organo: Cuore
Scienza o Arte: Religione
Colore: Bianco, nero
Simbolo Pompe funebri
Tecnica: "Incubismo"
Bloom si reca alla sepoltura di Paddy Dignam attraversando Dublino in compagnia di Simon Dedalus, il padre di Stephen, Martin Cunningham, Jack Power, Tom Kernan ed altri personaggi apparsi in Gente di Dublino. Bloom pensa al suicidio di suo padre, alla morte del figlio ed alla morte in generale. La conversazione, punteggiata di osservazioni antisemite, lo mette di malumore.
Durante l’inumazione, osserva l’uomo dal mackintosh, che nessuno sembra conoscere. Quando Bloom parla di lui, gli altri capiscono che si chiama Mc’Intosh (la mia spiegazione è che si tratti di Dio, nominato da un ebreo (Mosè): gli idolatri si accontentano del Nome senza cercare di conoscerlo meglio. I pensieri di Bloom intersecano la cerimonia di riflessioni piuttosto materialiste, molto scettiche sulla resurrezione.
Eolo
Luogo: Redazione del giornale
Ora: 12.00
Organo: Polmoni
Scienza o Arte: Retorica
Colore: Rosso
Simbolo: Editore
Tecnica: Tropi retorici.
L’episodio si presenta come una lunga serie di articoli di giornale. I personaggi del capitolo precedente si trovano nella sala di redazione de L’uomo libero. Stephen li ha raggiunti per portare l’articolo del sig. Deasy. Bloom che si informa sull'inserzione della ditta Keyes è all’inizio ben accolto da Myles Crawford (Eolo) ma si fa più tardi strapazzare. Le discussioni vertono su tutti gli argomenti: politica, storia, teologia, corse e sport, ma non fanno che generare vento, mentre le porte sbattono.
Lestrigoni
Luogo: Bar di Davy Byrne
Ora: 13.00
Organo: Esofago
Scienza o Arte: Architettura
Colore:
Simbolo: Sergenti di città
Tecnica: Prosa peristaltica
Bloom passeggia solo in città. Ha fame. Tutti i suoi pensieri prendono una colorazione culinaria, anche i più erotici, nati dalla contemplazione di gonne in una vetrina. Entra nel ristorante Burton ma è sconvolto dalla promiscuità e dagli odori, dallo spettacolo delle bocche che masticano i cibi. Preferisce prendere un bicchiere di vino con formaggio al bar di Davy Byrne.
Le belle curve del bar si confondono nel suo spirito con quelle dei corpi femminili. Decide di recarsi al museo della Biblioteca, curioso di verificare se le membra delle dee greche presentano degli orifizi. In cammino, evita per poco l’amante della moglie, Blazes Boylan.
Scilla e Cariddi
Luogo: Biblioteca nazionale
ora: 14.00
Organo: Cervello
Scienza o Arte: Letteratura
Colore:
Simbolo: Stratford/Londra
Tecnica: Dialettica
Alla biblioteca, Stephen avvia con alcuni idealisti partigiani della "Rinascita celtica", una conversazione su Amleto. Bloom fa un’entrata discreta ed avrà in tutto questo capitolo soltanto una presenza “fantomatica”. La tesi aristotelica di Stephen fa di Amleto il suo alter-ego. Il principe danese, per sfuggire ad un mondo colpevole rappresentato dalla madre, si rimette interamente al Padre, lo spettro di Elsinoor, in relazione al quale non è che “l’ombra di un’ombra”. Shakespeare dopo essersi fatto sopraffare da Anne Hathaway (la moglie del Bardo più anziana di lui di 8 anni) modello della megera, ha aperto gli occhi e chiuso gli orecchi a questa «voce intesa soltanto dal cuore di colui che è la sostanza della sua ombra, il figlio consustanziale al padre».
La dialettica di Stephen oppone il drammaturgo di Stratford al gentiluomo di Londra (Scilla e Cariddi). Sviluppando il tema della paternità mistica, disprezzando il ruolo della Madonna nella chiesa e la maternità in generale, Stephen immagina un artista androgino autocreantesi nelle sue opere. La sua argomentazione viene interrotta da Buck Mulligan, che lo sfotte parlando di masturbazione.
"Le Simplegadi" (Rocce erranti )
Luogo:
Vie di Dublino
Ora: 15.00
Organo: Sangue
Scienza o Arte: Meccanica
Colore:
Simbolo: Cittadini
Tecnica: Labirinto
Quest’episodio è un assemblaggio di 18 presentazioni di personaggi di Dublino alla stessa ora. Alcuni si incrociano, tutti attendono alle loro occupazioni. Bloom appare in una libreria. Alle prese con una parodia del giudizio di Paride, egli esita tra tre libri: uno erotico, uno filosofico ed uno spirituale; sceglierà infine un’opera erotica per Molly. Stephen prova a sfuggire all' “Agenbite of Inwit”. Mulligan ed Haines parlano di poesia e si rattristano per il comportamento del loro amico. Tutti i personaggi si trovano infine, venuti da tutte le arterie del labirinto della città, per salutare il corteo del Viceré.
In realtà, ogni parte fa sottilmente l’eco ad un capitolo di Ulisse in un modo o in un altro. L’ultima parte dove tutti i personaggi si ricongiungono corrisponde ovviamente al monologo di Molly, o al cuore nel sistema sanguigno.
Le sirene
Luogo: Hotel Ormond
Ora: 16.00
Organo: Orecchi
Scienza o Arte: Musica
Colore:
Simbolo: Cameriere
Tecnica: Fuga a canone
Bloom pranza allo Ormond Bar, in mezzo alle canzoni che dei tenori indirizzano alle bellezze del luogo: Miss Douce e Miss Kennedy (le Sirene). La lingua del capitolo si trasforma in musica ed i pensieri di Bloom si mischiano alle voci, che parlano d’amore e di ritorno verso l’amata, in una lunga melopea. Bloom non si lascia tuttavia distrarre e scrive a Martha, quindi lascia il bar scoreggiando con discrezione.
Il ciclope
Luogo: Locanda di Barney Kiernan
Ora: 17.00
Organo: Muscolo
Scienza o Arte: Politica
Colore:
Simbolo: Feniano
Tecnica: Gigantismo: "Asimmetria alternata" di linguaggi colloquiali e iperbeloci.
Nella locanda di Barney Kiernan, Bloom ascolta i discorsi sciovinisti di un bruto designato come il Cittadino (Polifemo). Tutto il capitolo è scritto nella parlata popolare dublinese e reca tutti i clichés sull’Irlanda, rappresentata dal fazzoletto caccoloso del Cittadino. Bloom, che fuma un grosso sigaro (il palo infuocato di Ulisse), difende l’amore, la sua concezione della patria, e resiste alle idee antisemite. Considerato come un ebreo dal Cittadino, si vede insultato ed espulso per avere detto che Gesù era anch’egli un ebreo. Evita una scatola di biscotti che gli viene scagliata contro e salta su una carrozza per scappare. Quest’ultimo si cambia in un carro di fuoco che porta via il capro espiatorio, come Elia, verso i cieli, in un turbinio di angeli.
Nausicaa
Luogo: Spiaggia di Sandymount
Ora: 20.00
Organo: Occhio, naso
Scienza o Arte: Pittura
Colore: grigio, blu
Simbolo: Vergine
Tecnica: "Progressione retrogressiva", Tumescenza, detumescenza.
Nello stile dei romanzi rosa per fanciulle, ci è raccontato l’incontro di Bloom con delle giovani fanciulle in fiore che giocano sulla spiaggia in attesa di un fuoco d’artificio. Una di esse, la zoppa e sognatrice Gerty MacDowell, languidamente addossata ad una roccia, lascia intravedere le sue nudità a un Bloom distante e che lei indovina si stia masturbando. Desiderio dell’uno e complicità dell’altra parodiano la fecondazione spirituale di Maria Vergine. Una volta eiaculato, Bloom pensa di visitare la Maternità dove la signora Purefoy è alle prese con un parto difficile. Prima di partire, inizia a scrivere un messaggio sulla sabbia: “IO SONO”... ma decide di cancellarlo.
I buoi del sole
Luogo: Maternità di Holles Street
Ora: 22.00
Organo: Utero
Scienza o Arte: Medicina
Colore: Bianco
Simbolo: Maternità
Tecnica: Sviluppo embrionale
Un gruppo di amici di Bloom e Stephen fanno baccano e sbevazzano mentre in reparto la signora Purefoy partorisce. Lo stile del capitolo passa per 9 tappe diverse, che parodiano l’evoluzione del feto e della lingua inglese. Nell’originale, si può riconoscere tra l’altro lo stile di Chaucer, Milton, Defoe, Swift, Sterne, Gibbon, de Quincey, Dickens o Carlyle. La discussione verte sui peccati: onanismo, sterilità, licenza, aborto, ecc. Nel clima di oscenità generale, solo Bloom dà prova di pietà per la signora Purefoy, che partorisce finalmente un bambino. Il “rumore nella via” si trasforma in una tempesta violenta, come se Dio volesse punire i blasfemi, che fuggono sotto la pioggia verso la zona dei bordelli. Bloom, che pensa a Rudy, decide di seguire Stephen.
Circe
Luogo: Bordello di Bella Cohen
Ora: 0.00
Organo: Gambe
Scienza o Arte: Magia
Colore:
Simbolo: Prostituta
Tecnica: Allucinazione
L’episodio di Circe si svolge nel bordello di Bella Cohen. Siamo al punto più basso della giornata di Bloom. Qui, un’opera teatrale cacofonica recupera tutti i personaggi del libro in un miscuglio confuso, sabbath e baccanale ad un tempo. Bloom vi è di volta in volta sindaco, cavaliere, massone, Napoleone, marinaio, profeta, Byron, Mosè, Robinson Crusoe, Gesù, capro espiatorio, donna incinta, prostituta, androgino, Dio, ecc. prima di riprendere i suoi panni. Stephen, ubriaco, ha rotto il lampadario con il suo bastone da passeggio, è arrestato da due soldati inglesi. Bloom prende il suo compagno sotto la sua protezione e lascia il luogo. Una visione di Rudy con un agnellino in tasca, conclude questo capitolo.
Eumeo
Luogo: Il posto di ristoro dei vetturini
Ora: 1.00
Organo: Nervi
Scienza o Arte: Navigazione
Colore:
Simbolo: Marinai
Tecnica: Narrazione
Nello stabbio di Pelle di capra (Eumeo), Bloom e Stephen, entrambi sfiniti, si riposano un momento. Le identità dei personaggi sono dubbie: il proprietario sarebbe un terrorista famoso, ed il marinaio, sceso dal tri-alberi Rosevean, scorto da Stephen la mattina, un avventuriero metà Ulisse e metà Simbad. Bloom si occupa di Stephen e gli parla, lo incoraggia a mangiare; il giovane riprende un po’ di forza, riconosce il suo compagno ed accetta di seguirlo a casa sua. Nelle vie deserte, la conversazione riprende, tra la confusione del dormiveglia ed i vapori dell’alcool.
Itaca
Luogo: Casa di Bloom al 7 Eccles Street
Ora: 2.00
Organo: Scheletro
Scienza o Arte: Scienza
Colore:
Simbolo: Comete
Tecnica: Catechismo (impersonale)
Arrivato dinanzi a casa sua, Bloom che ha dimenticato la chiave sale dall'interrato attraverso la cucina, quindi viene ad aprire la porta al suo ospite. Bevono un cacao e comparano le culture ebree ed irlandesi. Bloom tende una fotografia di Molly a Stephen e gli offre la stanza per la notte, ma il giovane rifiuta e decide di ripartire. Stephen scopre in Bloom l’umanità, la carità e la maturità. Urinano nel giardino, contemplando il cielo stellato: Bloom riflette sul posto dell’uomo, Stephen considera le potenzialità della creazione. Osservano anche la finestra illuminata della camera dove dorme Molly.
Dopo la partenza di Stephen verso l’alba, Bloom restato solo, rammemora la sua giornata, quindi raggiunge la moglie. Stephen è diventato un uomo, Bloom ridiventa un bambino nel cavo del letto coniugale. Ulisse si addormenta senza nulla avere compiuto d’altro che di discutere con un artista il quale partirà verso la terra promessa della sua opera.
Penelope
Luogo: Letto
Ora: 3.00
Organo: Carne
Scienza o Arte:
Colore:
Simbolo: Terra
Tecnica: Monologo (femminile), stream of consciousness
Bloom si addormenta ma il suo ritorno ha svegliato Molly. Comincia allora il celebre monologo in 8 frasi senza punteggiatura. Comincia e finisce con la parola "Sì". Gira come l’enorme palla terrestre con moto lento e uniforme, essendo i suoi 4 punti cardinali i seni, il culo, l’utero e la figa, espressi dalle parole because, bottom, woman, yes. Per quanto probabilmente più osceno di tutti i precedenti, Penelope sembra essere perfettamente sana piena amorale fertile falsa sottile limitata prudente indifferente. «Weib. Ich bin des Fleish der Stets bejaht »(Joyce a F. Budgen). I pensieri di Molly accumulano i ricordi e le considerazioni più prosaiche, in un flusso comparabile a quello da lei urinato sul suo vaso da notte, il cui eco risuonerà in tutto Finnegans Wake.
La parola di Molly è prodiga e franca. Sfotte gli uomini, superficiali e viziosi, e giustifica il loro utilizzo per la riproduzione della specie. Critica suo marito ma gli riconosce grandi qualità umane e lo accetta per ciò che è, come alla loro primo incontro, nel “sì” finale.
Ed in seguito?...
In seguito l’artista, diventato capace di attraversare la notte e tendere l’orecchio all’inondazione di parole della carne, partirà verso Levante, alla ricerca di una resurrezione del corpo nel testo, in una lunga veglia funerea che recupera tutte le lingue e tutte le storie: Finnegans Wake.
©Michel Chassaing e lafrusta per l'edizione italiana.
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