Riassunto de Lo straniero di Albert Camus
Parte Prima
Meursault, narratore e protagonista del romanzo, è un giovane e modesto
impiegato che vive ad Algeri. Il racconto comincia il giorno della morte di sua
madre. Di buonora, riceve un telegramma dall’ospizio di Marengo, situato ad
ottanta chilometri da Algeri, che gli annuncia il decesso di lei. Meursault chiede
ed ottiene un congedo di quarantotto ore e va a pranzare “Da Celeste”, un
ristorante di cui è un habitué. Intorno alle due del pomeriggio prende l'autobus.
Fa molto caldo e Meursault dorme durante quasi tutto il tragitto. Essendo
l’ospizio distante due chilometri dal centro abitato, Meursault compie l’ultimo tratto a piedi.
Dopo le formalità, ha un incontro con il direttore dell'ospizio, che ascolta distrattamente. Quest'ultimo gli rivela che sua madre non stava male all’ospizio. Gli annuncia anche che la sepoltura religiosa è fissata il mattino del giorno dopo .
Quindi Meursault si reca in una stanza sbiancata alla calce dove si trova depositato il corpo della madre ma rifiuta di vederne il cadavere. Ha una conversazione con il portinaio. Quest'uomo, molto loquace, gli racconta i fatti suoi e gli propone di cenare al refettorio. Meursault declina l'invito. Il portinaio gli offre allora un caffellatte che Meursault accetta. Quindi ha luogo la veglia, interminabile: gli amici di sua madre, tutti uguali, vi assistono. Si dispongono attorno alla bara e lasciano sfuggire dei rumori strani dalle loro bocche senza denti. Una vecchia piange incessantemente. Meursault ha l'impressione sgradevole che questi vecchi siano lì per
giudicarlo.
Albeggia. Meursault ammira la bellezza di questo nuovo giorno. Dopo una toeletta rapida ed un nuovo caffellatte che gli ha preparato il portiere, Meursault si reca nell’ufficio del direttore dove compie nuove formalità amministrative. Quindi il corteo funebre si dirige verso la chiesa del villaggio, raggiungibile in tre quarti d'ora di marcia. Un vecchio segue penosamente la processione, si tratta di Thomas Perez, un lavorante nell’ospizio della madre. I vicini scherzano su loro due, indicati come "i fidanzati".
Il calore è intollerabile. La sepoltura sfila come un sogno nello spirito di Meursault: la chiesa, il cimitero, lo svenimento del vecchio Perez, l'attesa, quindi la gioia quando l'autobus lo riporta infine ad Algeri. Meursault ha sepolto la madre senza versare una lacrima né ha voluto simulare un dolore non sentito.
Al risveglio, il sabato, Meursault si sforza di capire lo scontento del principale. In fin dei conti non si è assentato che quattro giorni in tutto: due giorni di congedo per la sepoltura della madre, quindi i due giorni del fine settimana. Ozioso, decide di andare a bagnarsi al porto. Vi incontra per caso Marie Cardona, un ex dattilografa del suo ufficio che "aveva desiderato un tempo". Nuotano, si divertono in acqua. I loro corpi si sfiorano. Quindi si addormentano insieme su una boa, Meursault ponendo la testa sul ventre di Marie. Quando si rivestono, Marie scopre, vedendo la sua cravatta nera, che Meursault è in lutto. Mostra la sua sorpresa quando apprende che egli ha perso la madre il giorno prima. La sera, al cinema vedranno una pellicola di Fernandel. Durante la proiezione lui le accarezza un seno e l’abbraccia. Passano la notte insieme. La domenica lei parte prima che lui si svegli. Meursault resta tutta la mattina a letto a fumare. A mezzogiorno si cucina due uova che mangia dalla padella. Ancora ozioso, resta tutto il pomeriggio alla finestra a guardare l’andirivieni giù in strada della gente del quartiere. La sera, «ho pensato che fosse una domenica come le altre, che mamma era sepolta, che avrei ripreso il mio lavoro domani e che, tutto sommato, nulla era cambiato».
Il lunedì, Meursault torna in ufficio. Dopo una mattina banale, pranza come al solito “Da Celeste” con il collega Emmanuel. Quindi siesta da lui, e ritorno all'ufficio in tram, dove lavora tutto il pomeriggio; la sera... il piacere semplice di rientrare a casa lungo i marciapiedi. Nella scala del suo caseggiato, Meursault incontra il vecchio Salamano, il suo vicino di pianerottolo, in compagnia del cane, un braccio coperto di croste, che non lascia, e che ingiuria; è da otto anni che Meursault assiste ogni giorno a questa scena immutabile. Quindi dopo aver lasciato Salamano, un altro vicino, Raymond Sintès, lo invita a «a mangiare un boccone» da lui; sospettato di essere un magnaccia, questo vicino gode di cattiva reputazione. Quella sera porta una fasciatura alla mano: si è ferito nel corso di una rissa di cui fa il resoconto. Raymond Sintès si confida con Meursault: l'uomo col quale si è battuto è il fratello di una donna che "gestisce"
e che vuole punire perché si è accorto che ha fatto la furba. Vuole scriverle una lettera, per farla ritornare, ed in seguito umiliarla. Chiede a Meursault di redigere questa lettera e così aiutarlo a realizzare la sua vendetta. Meursault gliela scrive. Raymond è soddisfatto e riconoscente: «Ora, sei un vero amico».
La settimana si chiude. Meursault ha lavorato bene. È sabato, ritrova Marie. Prendono l'autobus per andare in spiaggia, lontana alcuni chilometri da Algeri. Il sole, l'acqua, il gusto del sale, ed i giochi d’amore tra le onde: «La sua lingua rinfrescava le mie labbra e ci siamo rotolati nelle onde subito dopo» Tutti e due rientrano a casa di Meursault: «Avevo lasciato la finestra aperta ed era bello sentire la notte d'estate cadere sui nostri corpi abbronzati».
Marie resta la domenica mattina. Desidera sapere se Meursault la ama Lui le risponde che ciò non vuol dire nulla, ma a lei è sembrato di no. Marie si intristisce un po’, ma il buono umore ritorna . È a questo punto che odono i rumori di un litigio proveniente dall’appartamento di Raymond; quest'ultimo sta insultando e picchiando una donna. Meursault e Marie escono sul pianerottolo. L'arrivo di un agente mette fine alla lite. La ragazza accusa Raymond di essere un magnaccia, cosa che gli vale una convocazione al commissariato.
Dopo la partenza di Marie, nel primissimo pomeriggio, Meursault dorme un po’. Quindi Raymond viene a trovarlo. È soddisfatto della sua vendetta e gli chiede di venire a testimoniare. Meursault accetta. Escono insieme il pomeriggio. Meursault trova che «è un buon momento». Al loro ritorno, trovano Salamano senza il suo cane. Il vecchio è affranto. I due uomini lo riassicurano dicendogli che il cane si è forse smarrito, e che sarebbe tornato.
La sera, Salamano viene a far visita a Meursault. «Quindi si è congedato con un: "Buonasera". Ha chiuso la porta di casa sua e l’ ho sentito per un po’ andare e venire per la camera. Il suo letto ha poi cigolato. Attraverso le pareti sottili ho sentito brevi rumori e ho capito che piangeva. Non so perché ho pensato a mia madre».
Meursault è in ufficio e Raymond lo chiama per invitare lui e Marie a passare la domenica seguente da un amico, in una capanno in riva al mare, vicino Algeri. Raymond lo informa anche che per tutto il giorno un gruppo di Arabi lo ha pedinato, fra i quali c’era il fratello della sua vecchia amante. Poco dopo il principale di Meursault lo convoca. Gli propone di inviarlo a Parigi dove prevede di aprire un'agenzia. Meursault mostra poco entusiasmo ed il principale gli rimprovera la sua indifferenza e la sua mancanza d'ambizione.
La sera Marie cerca Meursault per chiedergli se vuole sposarla. Meursault le spiega che il matrimonio per lui non ha alcun'importanza e che se lei lo desidera possono anche sposarsi. Quindi i due amanti si separano poiché Marie "aveva da fare".
Pasto serale “Da Celeste”, allo stesso tavolo dove una donnetta indaffarata ha movenze da automa. Di ritorno a casa, sul limitare della porta, Meursault trova Salamano, che gli annuncia che il suo cane risulta definitivamente smarrito. Parlano un po’ del cane, quindi Salamano rammemora la propria giovinezza, la sua ambizione di allora, sua moglie e il cane che aveva acquistato alla morte di questa. Quindi evoca la madre di Meursault: nel quartiere la gente lo ha giudicato male quand’egli l’ha messa all'ospizio, ma lui, Salamano, conosceva molto bene Meursault e sapeva che amava molto sua madre. Per la prima volta, da che si conoscono, i due uomini si scambiano una stretta di mano.
Domenica. Marie chiama Meursault e lo sveglia. Bussano quindi alla porta di Raymond perché sia della loro. Marie è felice di passare la giornata al mare con Meursault. All’atto di prendere l'autobus, Raymond scorge sul marciapiede di fronte degli Arabi (fra cui il suo "tipo") che li stanno osservando. Prendono l'autobus per recarsi dall'amico di Raymond, Masson, un tipo gagliardo, molto simpatico. Scherzando arrivano al capanno di Masson, situato all'estremità della spiaggia. Masson attende i suoi ospiti in compagnia della moglie, una «piccola donna rotonda dall'accento parigino». Masson, Meursault e Marie vanno a fare il bagno. Meursault e Marie nuotano insieme («Sentivamo l'accordo dei nostri gesti e della nostra intimità»") quindi si stendono al sole. È ancora presto per il pranzo e il riverbero del sole sul mare è accecante.
Mentre Maria aiuta la signora Masson a lavare i piatti, Meursault, Raymond e Masson vanno in spiaggia. All’improvviso scorgono i due Arabi. È "lui", dice Raymond riconoscendo il suo avversario. Raymond colpisce il "suo tipo" e Masson si occupa dell'altro. Meursault non prende parte al litigio. Il primo degli Arabi trae un coltello e ferisce Raymond di striscio. Questi si allontana per farsi disinfettare da un medico. Meursault resta con le donne. Al suo ritorno, verso l’una e mezza, Raymond torna sulla spiaggia accompagnato da Meursault. I due Arabi sono ancora là, stesi vicino ad una fontana. Raymond provca il suo avversario ma Meursault, per precauzione, lo costringe a riporre il revolver. I due Arabi si ritirano tranquillamente.
La calura è intollerabile. Di ritorno al capanno, Meursault avverte l’impulso di ritornare a camminare sulla spiaggia, e si dirige verso l'angolo ombreggiato della fontana per trovare un po’ di frescura. Il "tipo" di Raymond è ritornato. Per via del sole spietato, Meursault vivrà il seguito degli eventi in una specie di semi-incoscienza; stringe il revolver di Raymond in tasca, forse decide di fare un mezzo giro, ma sente la spiaggia "vibrante di sole" che quasi lo pressa da dietro; l'Arabo estrae il coltello, la luce balugina sull'acciaio; gli occhi sigillati dal sudore, la mano di Meursault si contrae sul revolver, il colpo parte. «È lì, in quel rumore ad un tempo secco e assordante, che tutto è cominciato. Scuotendomi dal sudore e dal sole, ho capito che avevo infranto l’armonia del giorno, il silenzio inaudito di una spiaggia dov’ero stato felice. Allora, ho sparato ancora quattro volte su un corpo inerte dove i proiettili s’affondavano come se non fossero veri. Ed era con questi quattro brevi colpi che bussavo alla porta dell’infelicità ».
Seconda parte
Meursault è arrestato e subisce molti interrogatori al commissariato, quindi dal giudice inquirente. Trovando la sua causa "molto semplice" Meursault non reputa necessario prendersi un avvocato. Gliene viene assegnato uno d'ufficio. Che interroga Meursault su sua madre e i sentimenti che nutriva per lei. Le confessioni ad un tempo sincere ed ingenue di Meursault imbarazzano l’ avvocato. Nuovo interrogatorio del giudice. Anche questi gli chiede se amava la madre. Desidererebbe anche comprendere perché ha aspettato tra il primo e gli altri quattro colpi di pistola. Meursault non manifesta alcun rammarico e resta muto. Il giudice, invece, perde il controllo. Invoca Dio e Cristo e brandisce un crocifisso. Gli atti istruttori dureranno undici mesi. Ora che l'avvocato vi assiste, Meursault ha l'impressione di essere un po' lasciato fuori:
« Il giudice discuteva dell’inchiesta col mio avvocato. Ma in verità, non è di me che si occupavano».
Il giorno del suo arresto, Meursault si trova ristretto con altri prigionieri. Quindi ben presto, si trova solo in cella. Dalla sua finestra, può vedere il mare. Visita di Marie in parlatoio. Il rumore delle altre conversazioni dei prigionieri copre le parole di Marie. Meursault ha difficoltà a concentrarsi. Gli risponde soltanto con monosillabi. Tuttavia, vorrebbe tanto abbracciarla.
Quindi Marie gli invia una lettera, sarà l'unica. Meursault soffre all'inizio della privazione della libertà. Gli manca il mare, ha voglia di sigarette, ha desiderio di donna. Ma si abitua poco a poco alle privazioni e non si reputa «troppo infelice». Ammazza il tempo in cella: dorme, legge, va con la mente ai ricordi, e legge e rilegge un fatto di cronaca su un vecchio pezzo di giornale trovato sotto il suo materasso. Una sera si specchia sul fondo della sua gamella: «Mi sembrò che la mia immagine restasse seria, anche quando provavo a sorridere.»
Il processo alle Assise ha luogo in giugno. «Il dibattimento si è aperto mentre fuori il sole alto risplende» . La mattina, Meursault si confida con un gendarme e gli confessa che gli piacerebbe assistere ad un processo. Non ha mai avuto occasione di parteciparvi. La sala del tribunale ribolle. Ci si accalca per vederlo. Meursault realizza la propria condizione nella gabbia d'imputato. Vede i giurati allineati come su un sedile di tram, i giornalisti, la corte, i testimoni. Le risate, il tramestio che regna in sala, e il forte brusio sembrano escluderlo: si sente di troppo.
Entra la corte. La seduta comincia con scaramucce procedurali, quindi vengono riassunti i fatti. Il presidente interroga Meursault su sua madre, sull'omicidio dell'Arabo. I testimoni sfilano gli
uni dopo gli altri: il direttore dell'ospizio, il portiere, Thomas Perez. I giudici apprendono così che Meursault non ha pianto alla sepoltura della madre, che ha rifiutato di vederla un'ultima
volta, e che ha fumato in obitorio. La sala è sconcertata, il pubblico ministero assapora la vittoria.
Celeste viene chiamata a testimoniare e può appena dire che ciò che sta succedendo a Meursault è una "disgrazia"; non può dire altro. Tocca a Marie. Incalzata dal pubblico ministero, Marie riconosce che la sua "unione irregolare" con Meursault data dal giorno dopo la sepoltura, e che sono andati quella sera stessa a vedere una pellicola di Fernandel. Quindi si ribella contro la pubblica accusa perché «la induceva a dire l'opposto di ciò che pensava».
Il pubblico ministero conclude che « il giorno dopo la morte della madre, quest'uomo andava al mare, avviava un’unione irregolare e rideva davanti ad una pellicola comica». Il tribunale presta in seguito poca attenzione alle testimonianze di Masson e di Salamano. Quindi l'avvocato generale rivela alla corte che Raymond è un "magnaccia"; Meursault ha scritto la lettera che è all'origine del dramma, egli ha fornito una prova di comodo a favore di Raymond: questi due uomini sono complici, ed il crimine di Meursault è ovviamente un crimine abietto. Le ultime parole del pubblico ministero sono implacabili: «Accuso quest'uomo di avere sepolto la madre con un cuore di criminale». L'avvocato protesta. Alla reazione dell’ avvocato, Meursault capisce che il processo volge al peggio.
L’udienza è aggiornata. Meursault raggiunge la cella. Egli si sente escluso da questo processo, e ciò sia nella difesa dell’ avvocato quanto nelle accuse del procuratore. Assiste al processo come se vi fosse estraneo. Si parla di lui, ma senza mai che alcuno gli chieda il suo parere. Alcuni punti tuttavia destano il suo interesse. Così il pubblico ministero che lo accusa di premeditazione. Anche l'indifferenza che ha manifestato alla morte della sua madre proverebbe la sua "insensibilità". Il pubblico ministero si spinge fino ad parificare il suo crimine a quello di un parricida che sarà giudicato il giorno dopo: Meursault è un mostro, che non ha «nulla a che fare con una società di cui trascura le norme fondamentali». Sospinto dalla foga della sua argomentazione, il pubblico ministero chiede la testa dell'imputato, la condanna a morte.
Il presidente chiede indi a Meursault se desidera fare qualche commento. Per la prima volta, l'imputato chiede la parola. Annuncia che non aveva l'intenzione di uccidere l'Arabo e che questo crimine ha avuto luogo a causa del sole. Prende coscienza del ridicolo della situazione: il pubblico scoppia di ridere.
L'avvocato invoca le circostanze attenuanti. Elogia le qualità morali di Meursault. Ma quest'ultimo è altrove, non lo ascolta più; la sua vita gli ritorna in mente. Prova una grande stanchezza. Quindi una calca si stringe attorno al suo avvocato per congratularsi. Durante il ritiro della corte quest'ultimo si mostra fiducioso, crede in un verdetto favorevole. Una lunga attesa, un frastuono, il silenzio della sala, infine il presidente legge la condanna: Meursault avrà «la testa tagliata sulla pubblica piazza in nome del popolo francese».
Meursault rifiuta per tre volte di ricevere il confessore. Pensa al "meccanismo implacabile" che lo condurrà al patibolo, alle residue possibilità di sottrarvisi. Apprende che una sola volta il meccanismo s’è arrestato e che il condannato a morte è riuscito a sfuggire il patibolo. Gli sarebbe bastato: «il mio cuore avrebbe fatto il resto». Ricorda che suo padre aveva assistito ad un'esecuzione capitale. Se fosse libero, egli sarebbe andato ad assistervi a tutte. Pensa al minimo dettaglio dell’ultima scena della sua vita: la ghigliottina, l'alba... Meursault sa che è all'alba che il boia verrà a cercarlo. Quando la mattina designata arriva, apprende che ha guadagnato un giorno di rinvio supplementare. Gli vien fatto di pensare anche alla possibilità di una grazia. Questo pensiero lo riempie di una gioia inconsulta.
Meursault pensa a Marie, che ha cessato di scrivergli, quando il confessore accede nella sua cella. Si instaura una conversazione tra i due uomini. Le parole di dolcezza e di speranza del confessore fanno uscire Meursault di ragione. Il confessore insiste affinché Meursault si penta , ma il condannato a morte gli risponde che non sa nemmeno che cosa sia il peccato. Lasciandolo, il prete dice a Meursault ch’egli pregherà per lui. Meursault si precipita su di lui, lo afferra al collo e l'insulta.
Dopo la sua partenza, Meursault trova la calma e si lascia trasportare dalle sensazioni della notte estiva: «Dinanzi a questa notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo. Sentendola così simile a me, così a me fraterna anche, ho capito che ero stato felice, e che lo ero ancora. Perché tutto sia consumato, per sentirmi meno solo, arrivai ad auspicare che ci fossero molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accogliessero con grida di odio».
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Immagini tratte dal film "Lo straniero" di Luchino Visocnti -1963)