DENIS DIDEROT
Saggista, romanziere, commediografo e filosofo francese (Langres, 1713 - Parigi, 1784).
Con un'opera che tocca molti settori del sapere: filosofia, scienza, romanzo, teatro, arte, istruzione e politica, l'artigiano dell' Enciclopedia ha inteso cambiare il modo di pensare dei suoi contemporanei insegnando loro a respingere i pregiudizi, e ad esercitare il loro spirito critico facendo perno sull'esperienza: «La più alta efficacia dello spirito è di destare lo spirito», come dirà Goethe.
Denis Diderot, nasce nel 1713 a Langres, da una famiglia di artigiani agiati. Sebbene allievo indisciplinato, compie studi brillanti dai gesuiti, nella sua città natale, quindi è a Parigi, a partire da 1729. Terminati gli studi superiori, nel 1732 sceglie la carriera letteraria.
Diderot traduttore
Nella prima giovinezza Diderot frequenta i teatri, accarezza per un momento l'idea di diventare attore, vive stentatamente di lezioni di matematica - nel 1743, il matrimonio con una sarta , Antoinette Champion, è l'occasione di conflitti violenti con suo padre - e di traduzioni dell'inglese - il suo lavoro sul Dizionario di medicina di Robert James (1746 -1748) in particolare, lo familiarizzerà con il pensiero medico del suo tempo. La sua libera traduzione del Saggio sul merito e la virtù di Shaftesbury, indi i suoi Pensieri filosofici comportano già una critica della religione rivelata, della superstizione, dei devoti. Opera deista, i "Pensieri filosofici", è anche un'apologia delle passioni. Nel 1748 pubblica un romanzo filosofico e libertino, I gioielli indiscreti: la favorita di un sultano vi denuncia gli abusi ed i pregiudizi della società dell ancien régime, e difende una filosofia parzialmente presa in prestito da Bacon e fondata sull'esperienza e la preoccupazione del bene pubblico.
Una opera polemica La lettera sui ciechi ad uso di quelli che vedono(1749) costituisce la prima grande opera materialista di Diderot. Criticando l'affermazione di Descartes sull'esistenza di idee innate nell'uomo, indipendentemente da qualsiasi esperienza, Diderot accetta le tesi sviluppate dal filosofo inglese Locke nel Saggio sull'intelletto e riprese da Condillac. Per loro, qualsiasi idea proviene dai sensi: "non c'è nulla nell'intelletto che non sia stato prima nei sensi." (Nihil est in intellectu quod pria non fuerit in sensu). La lettera sui ciechi parte dal "problema di Molyneux", che l'operazione di un nato cieco da parte del chirurgo inglese Cheselden nel 1728 aveva reso attuale: un cieco dalla nascita che può distinguere un cubo di una sfera al tatto sarebbe anche capace di distinguerli con la vista? Per Diderot, il nato cieco, Saunderson, diventa una smentita cocente della Provvidenza, e l'indicazione anche del "mostro" che rimette in discussione la nozione d'ordine e di perfezione nella natura. La Lettera si conclude con una fantasticheria sulla storia della natura, incessantemente sottoposta a trasformazioni ed a vicissitudini diverse: il movimento, suggerisce Diderot, è essenziale alla materia. L'audacia di queste idee materialiste avrà come esito il suo imprigionamento di alcuni mesi a Vincennes. Questa prova segnerà nel profondo Diderot, che dovrà ormai rinunciare a pubblicare una parte consistente delle sue opere (la più parte delle quali sarà editata più di mezzo secolo dopo la sua morte) oppure a giocare d'astuzia: nell' Enciclopedia, infatti, il gioco dei rinvii aiuta il lettore ma depista anche la censura.
L'avventura dell'Enciclopedia:
Un bilancio del sapere tecnico
Ricordando l'opera compiuta Diderot levava un inno alla critica:
« L'Enciclopedia non poteva essere che il tentativo di un secolo filosofico. Ho detto questo, perché una tale opera richiede in ogni campo più ardire di quanto non se ne abbia nei secoli pusillanimi. Bisogna tutto esaminare, tutto rimuovere, senza eccezione e senza riguardo; osar vedere, come ora cominciamo a convincercene...Bisogna spazzar via le vecchie puerilità, rovesciare le barriere che la ragione ha elevate, rendere alle scienze e alle arti una libertà che è ad esse preziosa...»
Impegnato per molti anni nell'edizione dell' Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri - con d'Alembert per la parte matematica - Diderot si trova alla testa di una colossale impresa collettiva. Bilancio critico della conoscenza accumulata ed esame degli sforzi per rendere utili le conoscenze, l' Enciclopedia suggerisce un nuovo modo di pensare e far pensare, scevro da pregiudizi e libero dalla tradizione. Diderot che assegna un ampio posto alle scienze ed alle "arti meccaniche" nel Dizionario, incontra direttamente gli artigiani per potere descrivere correttamente il loro lavoro e fare effettuare delle tavole che riproducano fedelmente le macchine ed il loro utilizzo. Sottopone alla critica della ragione tutte le opinioni. Così forgia un nuovo ideale d'uomo, che si racchiude nella figura del filosofo, «honnête homme qui agit en tout par la raison, et qui joint à un esprit de réflexion et de justesse les moeurs et les qualités sociables » Uomo tutto terreno e civile, il filosofo, personaggio familiare dei dialoghi di Diderot, sfida l'idea di monarchia di diritto divino, e definisce i limiti di qualsiasi potere. Nell'articolo Autorità politica dell' Enciclopedia, scrive: "Nessun uomo ha ricevuto dalla natura il diritto di comandare gli altri." La libertà è un dono del cielo ed ogni individuo della stessa specie ha il diritto di usufruirne non appena usufruisce della ragione." Riflessioni politiche, filosofiche e scientifiche vanno insieme nell'impresa dell' Enciclopedia, tanto che è violentemente attaccata, e la sua stampa sospesa dal 1758 a 1765. Ma Diderot continuerà la sua opera , uno dei principali strumenti di diffusione dei Lumi. Il suo lavoro Dell'interpretazione della natura"(1753) costituisce una riflessione sulle relazioni tra scienza e politica, ed uno dei primi enunciati del metodo sperimentale.
L'esperienza del teatro
Ad eccezione degli scritti per il teatro e degli articoli dell' Enciclopedia, mutilati a sua insaputa da parte del suo editore stampatore per timore della censura, la maggior parte delle opere di Diderot dopo il 1753 sarà pubblicata molti anni dopo la sua morte. Creatore del "dramma borghese", Diderot, con Il figlio naturale (1757) ed Il padre di famiglia (1758), intende riformare il teatro e le condizioni della rappresentazione teatrale. Reputando impossibile perpetuare il teatro classico del XVII secolo, crea personaggi le cui "condizioni" e situazioni sono del suo secolo. Contro le declamazioni immobili, raccomanda una recitazione controllata - facente perno sul giudizio e non sulla sensibilità (il suo Paradosso sull'attore - vedi box a fianco - l'occuperà dal 1769 alla fine della sua vita) -, che attraverso i gesti e la "fisicità" contribuisca a determinare il senso della rappresentazione. Nelle sue opere teoriche sul teatro, in particolare i Colloqui sul figlio naturale e il Discorso sulla poesia drammatica (che accompagna ll padre di famiglia), quest'ammiratore di Shakespeare e di Molière ma anche dell'energia e della semplicità del teatro greco, raccomanda il ritorno alla natura, che non è la semplice imitazione della natura, ma piuttosto la realizzazione di un "modello ideale", che mira "a rendere la virtù piacevole ed il vizio odioso" e dunque riformare la società. Paradossalmente, il teatro di Diderot è poco recitato, mentre molte opere romanzesche o filosofiche, che lasciano un ampio posto al dialogo, sono state portate in scena, come Il nipote di Rameau (1762 -1772, pubblicato nel 1891).
I Salons e la critica d'arte
Cominciati su richiesta del suo amico Grimm nel corso della loro corrispondenza letteraria, destinati ad alcune teste coronate d'Europa, i Salons, redatti dal 1759 a 1781, segnano l'invenzione di un genere. Diderot spiega i quadri esposti: si tratta allo stesso tempo di descrivere le scene o le situazioni, di cogliere la tecnica del pittore e di esprimere le emozioni provate. Nel mentre inventa un linguaggio per discorrere dei cieli imbronciati di Fernet, del rovinismo poetico di Hubert Robert, per cogliere il patetico delle scene intime di Greuze, o far sentire l'evoluzione della pittura del proprio tempo - dell'atmosfera delle feste galanti della Reggenza fino a David -, Diderot riflette sulle relazioni tra poesia e pittura; con la propria scrittura perviene alla ricostruzione concettuale dei quadri, e dà loro più energia. Prefigurazione del romanticismo, le sue concezioni dell'arte ( secondo le quali si deve deve trovare un accordo col proprio tempo), concedono un ruolo particolare alla sensibilità ed al talento individuali, verso i quali fa appello ogni epoca confusa: "la poesia vuole qualcosa di enorme, di barbaro, di selvaggio.".
La sensibilità universale
Per Diderot, "vivere è sentire", e la sensibilità, che unifica il "physique" e il "moral", svolge un ruolo essenziale nel suo materialismo: la più piccola fibra reagisce alle impressioni esterne - attraverso il movimento o la sensazione - ma a gradi diversi; può presentarsi sotto una forma latente, passiva - è la "sensibilità sorda o inerte" -, o sotto una forma attiva; e il passaggio dall'una all'altra forma avviene per sfumature impercettibili. « Il pensiero è il risultato della sensibilità, che è una proprietà universale della materia ». Messa giù in una lettera a Duclos nel 1765 quest'idea viene esposta in forma più particolareggiata ne Il sogno di d'Alembert e nei Principi filosofici sulla materia ed il movimento. Non sbocca tuttavia in un materialismo riduttivo: Diderot è cosciente che un essere vivo, a maggior ragione un uomo, non è il risultato della semplice somma di molecole vive e sensibili. Cerca di concepire allora il passaggio dalla parte alla totalità, di trovare una formula che dica questo punto di vista globale, sintetico, che definisca un organismo: è ciò che egli esprime con il paragone del favo delle api, dove ogni essere vivo, come ogni organo o ogni molecola, contribuisce, sia per contiguità che per continuità, alla vita dell'insieme.
Il romanziere e l'epistolografo
L''originalità di Diderot romanziere si manifesta più in Jacques il fatalista che ne La monaca. Il primo romanzo infatti inaugura una scrittura romanzesca tutta moderna, dove i livelli del racconto si sovrappongono e i piani allocutori si moltiplicano, i personaggi diventano narratori e le digressioni rispetto al tema centrale, incessantemente annunciato ed incessantemente differito (il resoconto degli amori di Jacques), costituiscono il nucleo del romanzo che è così scentrato rispetto all'impianto "tradizionale" del genere allora in pieno sviluppo. Interrompendo il racconto per parlare direttamente col lettore, Diderot elabora una relazione sottile tra la libertà della scrittura ed il tema del fatalismo che Jacques espone quando afferma che tutto è già scritto lassù "nel grande rullo".
È raro incontrare lettere come quelle rese immortali da Diderot e indirizzate alla "mia Sophie", in una corrispondenza intrattenuta fino alle morti dei due amanti, avvenute ad alcuni mesi d'intervallo, nel 1784. Le Lettere a Sophie Volland segnano il potere sconosciuto dell'assenza-presenza di questa voce calma, confidente dei pensieri del filosofo. I loro accenti appassionati lasciano una traccia che è forse quella forma di sopravvivenza delle molecole dopo la morte auspicata da Diderot, la poesia di una memoria della materia.
Diderot ed il dispotismo illuminato
Nonostante il suo viaggio in Russia e la generosità che l'imperatrice Caterina IIª mostra nei di lui riguardi (acquisto della sua biblioteca prima della morte, pensione), Diderot è stato meno di altri vittima delle illusioni del "dispotismo illuminato", la cui critica si conferma in testi come Il supplemento al viaggio di Bougainville, dove sono analizzate le relazioni tra natura e vita sociale; nel Progetto di un'Università per il governo della Russia, che invia a Caterina IIª nel 1775, dove è esposta una concezione democratica dell'istruzione. La sua collaborazione alla Storia delle due Indie, dell'abate Raynal, segna anche una presa di posizione molto critica verso la schiavitù e le spirali economiche che l'Europa impone nelle sue relazioni con gli altri paesi del mondo.
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Comment s'étaient-ils rencontrés? Par hasard, comme tout le monde.
Comment l'appelaient-ils? Que vous importe? D'où venaient-ils? Du
lieu le plus prochain. Où allaient-ils? Est-ce que l'on sait où l'on va? Que disaient-ils? Le maître ne disait rien; et Jacques
disait que son capitaine disait que tout ce qui nous arrive de bien et de mal ici-bas était écrit là-haut.
LE MAÎTRE: C'est un grand mot que cela.
JACQUES: Mon capitaine ajoutait que chaque balle qui partait d'un fusil avait son billet.
LE MAÎTRE: Et il avait raison...
Après une courte pause, Jacques s'écria: "Que le diable emporte le
cabaretier et son cabaret!
LE MAÎTRE: Pourquoi donner au diable son prochain? Cela n'est pas
chrétien.
JACQUES: C'est que, tandis que je m'enivre de son mauvais vin,
j'oublie de mener nos chevaux à l'abreuvoir. Mon père s'en aperçoit; il se fâche. Je hoche de la tête; il prend un bâton et m'en frotte un peu durement les épaules. Un régiment passait pour aller au camp devant Fontenoy; de dépit je m'enrôle. Nous arrivons; la bataille se donne.
LE MAÎTRE: Et tu reçois la balle à ton adresse.
JACQUES: Vous l'avez deviné; un coup de feu au genou; et Dieu sait
les bonnes et mauvaises aventures amenées par ce coup de feu.
Elles se tiennent ni plus ni moins que les chaînons d'une
gourmette. Sans ce coup de feu, par exemple, je crois que je n'aurais été amoureux de ma vie, ni boiteux.
LE MAÎTRE: Tu as donc été amoureux?
JACQUES: Si je l'ai été!